Baibokoum

Il nome viene dalla geografia, giacché in lingua locale Baibokoum vuol dire “capo ai piedi della montagna”. E la montagna è lì davvero, a due passi, aspra e rocciosa: non è ammorbidita né da una statua della Madonna eretta su una cima, né dalla fluidità del fiume Logone che scorre a lato. Posta su un importante nodo stradale, la cittadina in passato ha avuto grande importanza commerciale e civile, essendo la più antica sottoprefettura del Ciad, con una superficie di 13.000 kmq e una popolazione di oltre 100.000 abitanti. Un tempo al centro del commercio degli schiavi e delle lotte per la colonizzazione, Baibokoum conta oggi circa 10.000 abitanti, appartenenti a diversi gruppi etnici: Mboum, Tali, Laka, Haussa e Sara, dediti all’agricoltura, alla coltivazione del cotone e al commercio, svolto soprattutto dagli Haussa. Varie scuole di diverso grado e tre ambulatori, quelli di

Baibokoum centro, Oulibangara e Koumo – gestiti dalle Suore Francescane Angeline –, vegliano sulla formazione culturale e sulla sanità della gente, molta della quale è tornata dall’esilio nella Repubblica Centrafricana e il Camerun.

Fino al 1970 vi ha funzionato un ospedale, ora ridotto ad ambulatorio. Oggi i casi più gravi vengono dirottati a Ngaundaye. La missione fu aperta a Baibokoum nel 1952 dal cappuccino tolosano fr. Fortunat Goussaud chi si installò – secondo l’abitudine francese – fuori del centro abitato. Ma poco dopo egli si trasferì in città, soprattutto per la benevola insistenza del capo dei musulmani, Yayà, e del capo di cantone, Gamambaye. Nonostante l’aiuto che gli venne dai confratelli volenterosi, fr. Fortunat si districò a fatica nella zona geograficamente impervia (fiume e montagne erano difficili barriere naturali) e spiritualmente ostile per la presenza di una forte comunità protestante. Altra difficoltà egli la trovò nei due gruppi etnici della zona, Mboum e Laka, con la lingua, costumi e tradizioni completamente diverse. Insomma ricominciarono con la scuola, una per le ragazze a Baibokoum e un’altra mista a Dodang, a ciclo completo, e un ambulatorio affidato alle suore Oblate di Santa Teresa, arrivate nel 1958. 

Alla chiesa pensarono in un secondo tempo dopo che avevano cominciato a costruire la chiesa spirituale nell’anima della gente. La nostra Provincia guarda con simpatia a questa missione perché i primi missionari partiti per il Ciad furono dirottati proprio a Baibokoum, dove trovarono “una povera casa per ripararsi, un’ampia chiesa per lodare il Signore e quattro suore con cui lavorare nella diffusione del Regno di Dio”. A Baibokoum essi mossero i primi “passi missionari” l’11 agosto 1965, all’indomani del loro arrivo. Dopo i necessari approcci con la lingua locale (che fr. Attilio imparò così bene da essere soprannominato “Pére Mboum” e da preparare una grammatica e un vocabolario) essi cominciarono un prezioso lavoro per la formazione degli “uomini della Parola” (catechisti), per i quali si costruì un villaggio (ricostruito ex novo da fr. Celestino Di Muro nel 1971), dal quale sono uscite coppie di formatori capaci e convinti, a cui si deve la “penetrazione del Vangelo nelle 30 comunità del settore Mboum tuttora esistenti”. 

Altre preoccupazioni iniziali furono l’istruzione dei fanciulli, per i quali fu aperta una scuola materna (più tardi trasformata in biblioteca e più tardi ancora in casa di accoglienza per studenti poveri), e la Plantatio Ordinis con un seminario che rimase aperto per quattro anni. Da Baibokoum i missionari si spostarono fra i Ngambaye di Bam e i Kaba di Goré, allargando così la zona delle loro attività in 35 villaggi, attività frenata solo dalle piogge, che rendevano impraticabili le strade, e dal fiume Logone, che per vari mesi all’anno restava senza lo zatterone che assicurava i collegamenti fra le due sponde. Ciò nonostante essi riuscirono a costruire chiesine in vari villaggi, come Diba, Mini, Pao, Koumao. Queste difficoltà periodiche convinsero i missionari a organizzare meglio il lavoro al centro, insistendo sulla formazione degli “evolués”, preziosi collaboratori del futuro, e Terziari Francescani. Soprattutto per essi si portava avanti la traduzione della Bibbia e si fecero i primi tentativi di inculturazione della liturgia. 

Baibokoum, ai piedi della montagna, è il campo in cui i nostri missionari hanno messo a dimora l’evangelico granello di senape, cresciuto rapidamente in albero, o, se si vuole, la roccia su cui è stata costruita la casa. Vennero i venti e le piogge (rivoluzione culturale di Tombalbaye e guerra civile) ma essa non è caduta; anzi, ha allargato sempre più la sua ombra, considerando i confini non come limiti in cui smorzare l’impeto operativo, ma come ponti di collegamento con altre realtà comunitarie.

Oggi la città di Baibokoum vive il grande problema dei rifugiati provenienti dal vicino Centrafrica, martoriato dalle guerre civili, e ospitati nei vari campi profughi intorno alla città. Da qualche mese è stato inaugurato il Museo di strumenti agricoli e di uso quotidiano della tribù Mboum progettato e costruito da fr. Attilio Ladogana, autore anche della prima traduzione del Vangelo in lingua Mboum. In cinquant’anni di missione i cappuccini di Foggia hanno scritto pagine gloriose della Storia della salvezza, storia che non si fa ai vertici, ma nelle periferie. Pure quelle ciadiane. Anche se essa è guidata e delineata dalla Provvidenza, si consuma nei cantieri umani. È in questi cantieri che si prepara pazientemente il materiale per il Regno, il quale rifugge dai prefabbricati. Essi seguiteranno a prepararlo con amore e con grande investimento di speranza.

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