La carità senza frontiere

… se anche parlassi tutte le lingue del mondo, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che stremita … (1Cor 13,1).

Amici carissimi, il Signore vi doni la Sua pace! Prima di condividere questo articolo, permettetemi di rivolgere i miei ringraziamenti al segretario delle missioni uscente, fra Raffaele Maddalena, per il suo servizio svolto a favore delle missioni, e al nuovo segretario delle missioni, fra Raffaele Mangiacotti, per questo nuovo compito a favore delle nostre missioni del Ciad e Centrafrica. Come avete già notato, ho iniziato questo articolo con una frase dell’inno alla carità di san Paolo, perché, in questi giorni, nella nostra cittadina di Baibokoum, abbiamo vissuto un momento all’insegna della carità. Ho voluto intitolare questo articolo con “LA CARITÀ SENZA FRONTIERE”, perché questo incontro ha visto la partecipazione dei fratelli e sorelle musulmani, protestanti e cattolici. Sì, perché la carità non conosce distinzioni di razze, sesso e religioni! La carità unisce tutte le persone di buona volontà, per il bene integrale dei figli di Dio. L’obiettivo di questo incontro, infatti, è stato quello di trovare degli escamotage per permettere lo sviluppo integrale della persona, ed essere così protagonista della sua vita. Siamo persuasi, difatti, che solo a partire dall’esperienza dell’amore, possa avvenire un cambiamento totale della persona. È solo a partire da questa esperienza unica che l’uomo è capace di percepire in tutto il creato la bellezza, la gioia, l’armonia. Ed è proprio in questa comunicazione di lode, di amore, di dono reciproco che l’uomo può partecipare, già da questo momento, alla felicità di Dio e realizzarsi pienamente secondo il sogno del Padre Celeste. Tutto deve svilupparsi ed evolversi in armonia secondo questo dinamismo d’amore. In questo dinamismo d’amore, dunque, la persona trova il suo giusto rapporto con tutto il creato secondo il disegno divino di reciproca attenzione e servizio, di un rapporto sensibile e affettivo. Il nostro serafico padre san Francesco, nei suoi scritti, non fa emergere la visione di un uomo ideale, ma di un uomo concreto nella sua fragile realtà dopo il peccato originale. L’uomo non è né santo né peccatore, ma può essere entrambi, dipende se sceglie una vita secondo lo Spirito o secondo la carne. Il poverello d’Assisi, infatti, ci insegna che solo l’esperienza di Dio ci abilita a discernere il bene dal male ed è capace di trasformare un cuore malato in un cuore sano, capace di servire, amare e lodare il Signore Dio. Preghiamo, allora, amici carissimi, il buon Dio dispensatore di ogni bene che, per l’intercessione della nostra Mamma Celeste e del nostro caro Padre Pio, ci lasciamo sempre trasformare dal Suo Amore per il bene di tutto il creato. Il vostro fra Antonio Di Mauro.


Categoria news data: 18-07-2023

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