“Mi domando: perché lui e non io? Merito più io di lui che sta là dentro? Perché lui è caduto e io no? Ѐ un mistero che mi avvicina a loro”. Sono queste le parole che papa Francesco rivolge ai cappellani delle carceri nell’incontro avvenuto il 13 ottobre 2013. Queste parole dalla prima volta che le ho sentite, hanno subito suscitato in me una santa provocazione e, quest’oggi, ho iniziato a trovare delle risposte. Carissimi amici il Signore vi doni la Sua pace! Prima di condividere con voi, questa esperienza forte vissuta nelle carceri di Moundou, una cittadina che dista poco più di tre ore di macchina da Baibokoum verso il nord, vi chiedo scusa per la carenza di foto. Questa limitatezza, come ben potete comprendere, è dovuta dalle restrizioni che vigono nelle carceri del Ciad, e perciò ho utilizzato qualche foto di repertorio presa dal web. Durante la seconda domenica di quaresima ho ricevuto la grazia di partecipare alla celebrazione Eucaristica nelle carceri di Moundou, insieme al confratello Valentin Mbatmegue, il quale da più di un anno presta il suo servizio nelle carceri come cappellano. Come dicevo all’inizio, le parole con cui papa Francesco ha parlato ai cappellani delle carceri, mi hanno sempre interpellato, tanto da trovare spazio nel mio cuore e aiutarmi nel mio cammino umano e spirituale. Sì, perché, la tentazione di urlare la mondo intero di giustiziare, e a volte vogliamo dare pene severe, chi ha commesso qualche sciocchezza, è sempre lì pronta a far sentire la sua voce. Questa cattiva tentazione, se facciamo caso, ci fa dimenticare che siamo tutti fratelli e sorelle peccatori bisognosi di misericordia. Ci fa sentire migliori degli altri, fa scordare che noi tutti abbiamo bisogno di parole di liberazione, liberazione del cuore. Essere condannato, non significa essere dannato. Che questa istigazione, ignominia dell’umanità, si allontani sempre più da questo mondo, per rivivere ogni giorno la meravigliosa possibilità di conversione, di rinnovare in noi la bella immagine di Dio. In questo periodo di quaresima, allora, amici carissimi, entriamo anche noi nella cella del nostro cuore, e meditiamo con rimpianto tutte quelle volte abbiamo soppresso la nostra libertà di figli di Dio, per non subire con pesantezza il duro giogo del tempo presente che sembra non passare mai. Facciamo questo umile e difficile atto di carità a noi stessi e chiediamo con forza al buon Dio, per intercessione della Mamma celeste e del caro padre Pio, di vivere questa forte esperienza di fede, per risorgere a vita nuova. Uniti nella preghiera, vi abbraccio tutti e vi auguro un fecondo cammino di conversione. Il vostro fratello Antonio.